venerdì 2 dicembre 2016

Metodo Cazzaniga. Come ammazzarti senza rimorsi


Dalle carte dell'inchiesta emergono solo adesso i particolari su come Leonardo Cazzaniga agiva con alcuni pazienti. Il 9 aprile 2013, Angelo Lauria arriva all'ospedale di Saronno con le sue gambe. Deve sottoporsi a una visita nel reparto di oncologia. Poche dopo, viene affidato alle cure del Cazzaniga. Entra in pronto soccorso e ne uscirà cadavere. 

Il signor Lauria ha un tumore. È malato terminale. Anche la figlia sa che non gli rimarrà molto da vivere. Non era quindi in imminente pericolo di vita. Ma, chissà – avrà pensato il Cazzaniga – perché attendere la fine ? Appena entra in pronto soccorso, guarda un pò, le sue condizioni precipitano. Ecco cosa dice l'infermiere Radu Iliescu, assistente di Cazzaniga, nella sua relazione inviata alla direzione sanitaria. Il Cazzaniga "mi ha detto che se ne occupava lui e che avrebbe usato il 'suo protocollo'.

Effetti del Protocollo: Dopo circa 15 – 20 minuti, il quadro clinico del paziente peggiora. Sul verbale di pronto soccorso – senza nemmeno il minimo ritegno morale sic ! - si legge che gli ha somministrato 60 mg di midazolamin 100 cc sol fis; propofolin 500 cc sol fis.

Un mix letale. Iliescu lo sa. Tanto che racconta ad una collega di essersi rifiutato "di somministrare i farmaci prescritti" da Cazzaniga. Anche altri colleghi capiscono subito che al pronto soccorso di Saronno al signor Angelo Lauria è stata inflitta una condanna a morte.

Ma tacciono o lo ammettono oggi,  due anni dopo, al pm di Busto Arsizio che sta mettendo assieme le tessere di un mosaico di morte e di silenzi. Troppi, inspiegabili. Triste sintomo di quelle politiche pro-morte che stanno obnubilando le coscienze e abituando gli operatori sanitari all'evidenza clinica della stessa dolce morte.       



Antonello Cavallotto

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