martedì 16 maggio 2017

I batteri migranti sono politicamente corretti


"L'arrivo dei migranti fa bene alla salute", così titolava la rivista LEFT il 10 maggio scorso, citando con conveniente tempestività un articolo pubblicato proprio lo stesso giorno dal quotidiano La Stampa col titolo "Sempre più allergici e malati. Ma a rafforzare i nostri bimbi saranno i microbi africani".

La tesi è di  Duccio Cavalieri, professore al dipartimento di Biologia dell'Università di Firenze, il quale sostiene che un gran numero di patologie attuali è dovuto alla diminuzione di batteri nel nostro ambiente il che avrebbe come conseguenza una eccessiva reattività del nostro sistema immunitario e lo sviluppo di malattie autoimmuni. Ma la causa di tutto questo sarebbe anche nel tipo di alimentazione dei paesi industrializzati: "La differenza sta nei nutrimenti: fibre, amido non raffinato e altre fonti vegetali, pochi grassi animali, ma soprattutto niente industria alimentare."

Stando a quanto sostenuto in alcuni studi una minore esposizione ai batteri sarebbe infatti all'origine delle allergie (hygiene hypothesis), ma sostenere che un'immissione indiscriminata e incontrollata di microrganismi per mezzo dei migranti sarebbe una misura salutare è un'azione al limite del sabotaggio delle iniziative di igiene e profilassi delle autorità sanitarie. Colpisce il fatto che nello stesso tempo in cui si paventa l'introduzione della vaccinazione obbligatoria si esalti l'infezione di massa: combattere i batteri endemici e celebrare quelli importati. Una bizzarra forma di razzismo microbico.

L'affermazione del prof. Cavalieri e la diffusione acritica fattane da alcuni media sono un esempio di informazione quantomeno avventata che abdica al diritto-dovere di critica per uniformarsi supinamente alle tendenze del politicamente corretto.

Da questa vicenda emerge che, in modo inversamente proporzionale a quanto avviene per il sistema immunitario, la diffusione di notizie "raffinate" e uniformate al politically correct sembra aver alterato la capacità critica dei giornalisti portando ad una mancanza di anticorpi e quindi di reazione verso le bufale.

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